Il Correggio che mostra un suo quadro, 1880 ca., olio su tela, cm. 77 x 106, collezione privata |
Il Francia davanti alla S. Cecilia di Raffaello, 1880 ca., olio su tela, cm. 98 x 145, collezione privata |
La deposizione dell'antipapa Costantino, 1881, olio su tela, cm. 107 x 190, collezione privata |
Il Cortile del Bargello, 1881, cm.55x78. Olio su tela. Collezione privata. |
Il futuro artista, 1882, cm 82x65. Olio su tela. Collezione privata |
(articolo pubblicato sulla rivista "Strenna del Pio Istituto Artigianelli" di Reggio Emilia, anno XXIII, n. 1-2, ottobre 2014)
Su Cirillo Manicardi e altri studenti reggiani frequentanti l’Accademia di Belle Arti di Firenze tra il 1878 e il 1882
SANDRO FERRARI
SANDRO FERRARI
Dai Ducati Estensi erano confluiti nel Regno sabaudo proclamato nel 1861 due centri di formazione artistica che dalla fine del ‘700 in poi avevano esercitato una notevole influenza sulla storia dell’arte italiana: l’Accademia Atestina di Belle Arti di Modena, fondata nel 1786, e la Scuola Comunale di di Belle Arti di Reggio Emilia, fondata nel 1797 e in seguito trasformata in Scuola Ducale.
La Scuola reggiana era considerata di grado inferiore rispetto alle accademie, che si trovavano nelle città già capitali degli stati pre-unitari (come ad esempio a Modena, capitale dei Ducati Estensi di Modena e Reggio). Nonostante ciò, anche dopo l’unità d’Italia essa rimase statale e non fu trasferita alle amministrazioni locali: caratteristica che la rese unica e irripetibile su tutto il territorio nazionale grazie allo specifico statuto di “R. Scuola di Disegno per gli operai” che, in vigore dal 1876, rimarrà inalterato fino al 1941, uscendo indenne dalla riforma Gentile di tutto il sistema scolastico italiano attuata nel 1923.
Per gli alunni che si diplomavano in questa Scuola la tappa successiva del loro percorso formativo era l’Accademia di Modena oppure, soprattutto per lo studio dell’incisione, l’Accademia di Parma. Eccezionalmente essi potevano seguire gli studi di perfezionamento nelle Accademie di Bologna, di Firenze e di Roma.
Già nei decenni che precedettero l’unità d’Italia si erano iscritte all’Accademia di Firenze alcune giovani promesse provenienti dalla Scuola di Belle Arti di Reggio. Ricordiamo tra queste Prospero Minghetti (1786-1853), che dopo aver studiato nell’Accademia di Leopoldo II dal 1813 al 1815, si avvicinò alle correnti pittoriche neoclassiche[1]. Dal 1825 visse nella sua città natale, dove insegnò presso la stessa Scuola che lo aveva accolto come alunno e si dedicò soprattutto alla decorazione di chiese, edifici pubblici e privati. Ma sperimentò anche la pittura di paesaggio, avviando su questa strada l’alunno Antonio Fontanesi, che diverrà una delle massime celebrità del paesaggismo romantico, famoso soprattutto oltre i confini dell’Italia tra Ginevra e Parigi[2].
Inoltrandoci nella seconda metà del XIX secolo, dobbiamo soffermarci su di un nuovo astro nascente della pittura reggiana, Gaetano Chierici (1838-1920). Dopo essere stato allievo di Minghetti, frequentò dal 1858 l’Accademia fiorentina, rivelandosi da subito uno dei suoi migliori studenti. Grazie ad un sussidio del Comune di Reggio, vi potè proseguire gli studi per un quinquennio, finchè a Firenze si sposò e vi rimase con la famiglia fino ai primi anni ’70.
A Firenze Chierici frequentò occasionalmente gli ateliers dei pittori “macchiaioli”[3], ma non ne condivise la poetica e preferì specializzarsi nella pittura “di genere” con soggetti tratti dalla vita domestica contadina, divenendo autore di grande successo di vendite a livello europeo, soprattutto in Inghilterra.
Appartenevano alla generazione dei reggiani nati negli anni di fondazione dello Stato unitario alcuni giovani che, dopo avere frequentato la locale R. Scuola di Belle Arti, ebbero l’opportunità di completare la loro formazione nella R. Accademia delle Arti del Disegno di Firenze tra il 1878 e il 1882 frequentando i nuovi corsi istituiti con la riforma del 1873 e aggregati sotto la denominazione di R. Istituto di Belle Arti [4]. Su un totale di circa 50 nuovi iscritti per ogni anno, in gran parte provenienti da Firenze e dalla Toscana, nel 1880 erano ben sei gli studenti della città emiliana.
Considerando che l’alto numero in percentuale dei giovani provenienti da Reggio si verificò soltanto in quel triennio e non ebbe a ripetersi in epoche successive, proverò qui ad accennare alle motivazioni della loro frequenza e ad evidenziare gli eccellenti sbocchi professionali che produsse.
Quelli che si affermeranno a livello nazionale furono, come pittori:
Cirillo Manicardi (1856-1925), che diventerà insegnante della “Scuola di Disegno per gli operai” e dal 1910 succederà a Gaetano Chierici come direttore;
Giulio Ferrari (1858-1934);
Lazzaro Pasini (1861-1949);
e Guglielmo Fornaciari (1858-1930), come scultore.
Il primo ad arrivare è Giulio Ferrari nell’aprile 1878, che riesce a farsi ammettere alla classe del corso “comune di figura” benché in notevole ritardo, avendo rinunciato alla frequenza del corso di laurea in medicina presso l’Università di Modena.
In questa ricerca mi soffermerò soprattutto su Manicardi, che può essere considerato l’artista più rappresentativo della pittura della seconda metà dell’800 a Reggio Emilia, insieme ad Antonio Fontanesi e Gaetano Chierici. Arriva a Firenze alla fine del 1878, dopo aver frequentato brillantemente per un triennio la R. Scuola di Belle Arti di Reggio, diretta dall’incisore Romualdo Belloli, e aver concluso nel luglio 1878 la frequenza del corso “speciale” di figura, di durata biennale, nel R. Istituto di Belle Arti di Modena dipendente dall’Accademia. Vi ha conseguito diversi premi nei saggi di fine anno, facendosi notare dal coetaneo Adolfo Venturi, giovane modenese ex alunno dell’Accademia stessa e promettente storico dell’arte.
Ha già ricevuto i primi segni tangibili di incoraggiamento e di aiuto offerti da suoi concittadini affinchè possa proseguire gli studi. Il 16 novembre Gioachino Paglia, membro del consiglio di amministrazione della Scuola di Disegno per gli operai, gli ha spedito 50 lire. Scrive nella lettera: “Confido che il vostro talento troverà validi appoggi che vi forniscano i mezzi di recarvi nell’Atene delle Arti, Firenze. Desideroso anch’io di offrivi il mio piccolo obolo, accludo a queste righe quanto può occorrervi per le prime spese di viaggio, cioè cinquanta lire. Graditele come piccolo segno della stima che provo per voi” [5].
Si ha notizia certa di un dipinto venduto già alla fine del 1878. Il prof. Antonio Simonazzi, che è stato suo insegnante di figura a Modena, scrive a “Manicardi Cirillo / al R. Istituto di Belle Arti / Firenze” di essere riuscito a vendere “il dipinto a chiaro e scuro rappresentante il miracolo di S. Zanobio del Ghiberti [...] per £ 300” [6]. Potrebbe essere un’opera realizzata da Manicardi durante il suo primo soggiorno a Firenze nell’inverno 1878/79, oppure una delle ultime esercitazioni in ambiente modenese basata sulla copia da qualche stampa. Comunque, non dobbiamo meravigliarci che egli abbia dato come recapito postale l’Istituto fiorentino, pur non essendo ancora iscritto ai corsi regolari di istruzione. Infatti nelle accademie d’arte statali era consentita la frequenza “libera”, che poteva avvenire con due modalità di approccio.
Innanzi tutto esisteva la “Libera Scuola del Nudo”, aperta in orario serale; libera nel senso che:
- non vi erano insegnanti stabili ma vi si alternavano personalità di chiara fama su invito del Collegio degli Accademici;
- non rilasciava titoli di studio; poteva essere frequentata senza particolari requisiti e senza obbligo di una presenza assidua.
Si consideri inoltre che ad artisti riconosciuti di grande valore era concessa la facoltà di tenere uno studio all’interno dell’edificio sede dell’Accademia, in cui potevano accogliere studenti sia interni che esterni e svolgere la propria attività professionale.
Possiamo quindi supporre per il Manicardi una qualche forma di alunnato in Accademia già dai primi mesi del 1879. Nel corso dell’anno soggiorna nella città toscana con le aspirazioni tipiche di un “lavoratore-studente”: cercando di vendere i suoi primi quadri; anche se, in verità, deve farsi mantenere dal padre, un agiato cascinaio della campagna emiliana. Da Reggio e da Modena si seguono con grande attenzione i primi passi del giovane. Ha solo 23 anni e può ancora fare molto per migliorare la sua preparazione.
Un sintetico resoconto dell’attività di Manicardi, trascorso un anno dalla sua uscita dall’Accade-mia/Istituto di Belle Arti di Modena, troviamo pubblicato l’11 settembre 1879 sul settimanale reggiano “La Croce di Savoia”. Vi si lodano alcuni oli riproducenti bassorilievi e alcuni ritratti, dei quali purtroppo non viene descritto con precisione il soggetto. Soprattutto vi è presentata un’ampia descrizione del primo quadro importante: “Il Tasso in prigione a Ferrara”. Sappiamo per certo che l’opera è ispirata al quadro “Torquato Tasso all’Ospedale di S. Anna” dipinto da Giovanni Muzzioli nel 1872, quando era studente all’Accademia di Modena, e lì rimasto in esposizione. Dal 1876 costui si è stabilito a Firenze: non si è mai iscritto all’Accademia ma partecipa da protagonista all’attività artistica che gravita attorno ad essa.
Muzzioli e i seguaci post-macchaioli di Fattori: ecco gli artisti di riferimento per Manicardi giunto a Firenze. Affascinato dal successo che ha accompagnato l’arrivo del pittore modenese, che ha solo due anni più di lui, egli decide prudentemente di farsi conoscere proponendo un soggetto di storia letteraria già collaudato. Non sappiamo quale atelier lo accolga per la realizzazione del “Tasso a Ferrara”. Difficilmente è il locale concesso a Giovanni Fattori dal 1876 nella sede dell’Accademia in via Ricasoli per dipingere il quadro “La battaglia di Custoza”, una delle ultime grandi opere di questo genere ad essere realizzata in Italia: il pittore livornese l’ha ormai terminata, ma non ha ancora ricevuto la nomina a professore onorario [7].
Nel novembre 1879 Manicardi ottiene un sussidio dal Comune di Reggio, tramite il lascito testamentario dell’abate Ferrari-Bonini (come già lo aveva ottenuto Gaetano Chierici), mediante il quale si iscrive al “corso speciale di figura” di durata biennale [8]. Il professore di figura è Giuseppe Ciaranfi, coadiuvato da Giuseppe Marrubini, mentre per la scultura troviamo Augusto Rivalta.
Peraltro dobbiamo subito osservare che Manicardi, avendo già frequentato con successo il corso “speciale” di figura dell’Istituto di Belle Arti di Modena, ha i titoli per accedere direttamente al cosiddetto “insegnamento libero superiore di pittura”, cioè alla frequenza degli studi dei professori “onorari esercenti” in Accademia. Nell’art. 22 dello Statuto si legge: “L’insegnamento superiore della pittura, della scultura e dell’architettura sarà dato liberamente negli studi degli artisti, ad alcuni
dei quali il Ministro, conferendo il titolo di professori onorari esercenti di pittura, scultura ed architettura, somministrerà locali capaci di ricevere i giovani che li prescelgono a maestri”.
Poiché nell’archivio storico non sono stati conservati tutti gli atti relativi agli incarichi di insegnamento libero, diventa arduo ripercorrere esattamente il curriculum seguito da Manicardi. Lo si può definire in sintesi come un intreccio tra la frequenza delle lezioni del prof. Ciaranfi e i contatti con gli ateliers ospitati nell’edificio sede dell’Accademia (a partire dal febbraio 1880 quello di Giovanni Fattori, nominato professore onorario) oppure esterni ma “contigui” ad essa (soprattutto quello di Francesco Gioli, trentenne amico di Fattori, che si trova in via degli Oricellari)[9].
A Firenze l’interesse per i soggetti della pittura celebrativa di storia (sia di quella contemporanea, risorgimentale, sia di quella antica) è in rapido declino alla fine degli anni ’70. L’orientamento prevalente è quello rivolto al naturalismo francese, che si avverte già abbastanza bene ad esempio nelle opere dello stesso Gioli premiate all’Esposizione Universale di Parigi del 1878.
Muzzioli, che ha visitato il Salon di Parigi, dimostra ben presto di “avere consuetudine tanto con opere di genere storico quanto con opere incentrate sulle tematiche del naturalismo”. [10]
Si può parlare a questo punto della nascita di nuovi generi pittorici: da un lato la “pittura storica di genere” in cui gli avvenimenti della storia antica sono visti il più possibile in una dimensione quotidiana e familiare; dall’altro “la pittura di genere d’ambientazione storica” dove il vivere quotidiano è per così dire nobilitato ambientandolo in luoghi di preminente valore storico, oppure ritraendo scene in costume di rievocazione dei grandi avvenimenti del passato. [11]
La produzione di Manicardi dalla fine del 1879 in poi dimostra una lenta maturazione della consapevolezza di questi cambiamenti in atto.
Una rigorosa presentazione cronologica delle opere successive al “Tasso in prigione” non è facile.
Anche perché a Firenze egli comincia a rivelare un carattere riservato che, dopo il rientro a Reggio nel 1882, non aiuterà molto i sostenitori intenzionati a raccogliere notizie sulle sue esperienze compiute lontano dalla città. La sua biografia, pubblicata nel 1938 con prefazione di Adolfo Venturi, rimane ancora oggi il testo base per gli storici, ma è imprecisa sulle datazioni delle opere del periodo fiorentino.[12]
Comunque, leggendo le recensioni apparse sul periodico reggiano “L’Imparziale”[13], possiamo ricostruire nel modo seguente l’elenco dei dipinti ad olio di soggetto storico-letterario realizzati con ogni probabilità sotto la guida dei docenti Ciaranfi e Marrubini e spediti a Reggio tra il 1879 e il 1881, affinchè siano esposti nella sala del Comune o, se di soggetto religioso, nella vicina chiesa di San Giorgio:
- “Primo incontro del Correggio con Girolama Merlini”
- “La deposizione dell’antipapa Costantino”
- “I Martiri [cristiani mentre escono dal carcere]”
- “Santa Monica e Sant’Agostino”
- “Il Correggio mostra un quadro ad un gruppo di nobili personaggi”
- “Il Francia davanti alla Santa Cecilia di Raffaello”.
I due lavori dello stesso periodo sui quali si concentrano le attenzioni favorevoli della critica appartengono però ad altre tipologie. Sono la “Copia da un ritratto di Rembrandt agli Uffizi” e il “Museo del Bargello”.
Racconta il giornalista Francesco Gualerzi sul numero del 19 giugno 1881 del settimanale reggiano “L’Imparziale”:
“Un giorno, col Manicardi e col Ferrari[14], un altro pittore nostro concittadino che farà onore senza fallo all’arte sua, visitammo il Bargello, ma come una delle cose più belle di quel museo è la corte, ci fermammo in essa. Era una giornata di sole e la luce giocava degli effetti incantevoli su quella vecchia livrea bigia delle arenarie intagliate, sui vecchi stemmi dei podestà e sulla graziosa scaletta che esternamente sale al piano nobile. Noi passeggiavamo sotto le arcate della corte e rifacendo la storia di quella vecchia mole la rivedevamo fornita della sua guardia e sulla torre lo stendardo de’ signori. Quale ambiente medioevale più splendido di questo? E quanti soggetti per la pittura la nostra giovane mente non ha veduti quel giorno! Il sig. Manicardi disse di farne uno studio ed ha mantenuta la promessa, la sua Corte del Bargello resterà fra gli studi migliori e più indovinati ch’egli abbia fatto”.
Terminato il biennio del “corso speciale di figura”, Manicardi soggiorna ancora a Firenze nei primi mesi del 1882, allorchè da Modena Adolfo Venturi gli chiede di realizzare alcuni disegni, una decina, per il catalogo illustrato della Galleria Estense (già Galleria dell’Accademia di Modena). Così ricorderà il fatto lo storico modenese nella prefazione alla citata biografia:
“Per illustrare il mio libro La R. Galleria Estense con le zincografie, le prime allora usate, specialmente da Angerer e Goschl di Vienna, occorse di far disegni a penna su carta preparata; e il Manicardi fotografò, tanto fu esatta la sua macchina di disegnatore, questo o quel quadro antico. Per quei disegni, gli fui grato come a gentile collaboratore”[15].
All’annuncio dell’opera, che uscirà a dispense nell’arco di alcuni mesi, il settimanale fiorentino “Arte e storia” dedica ampio spazio nel numero del 18 giugno 1882: “La Galleria Estense che è ricca di meravigliosi tesori artistici, mancava di un’opera che ne ricostruisse il passato colla scorta di documenti e annodasse alla storia e alla tradizione, tesori artistici, che, trasportati in estere gallerie o qui negletti, andarono via via perdendo i vari nomi dei loro autori, le date, le ragioni del soggetto, i ricordi della loro provenienza.
Per riparare a questa dolorosa mancanza, ha provveduto ora uno studioso ed egregio cultore di cose d’arte e di patrie memorie, il prof. Adolfo Venturi ispettore della stessa galleria, facendo la storia della Galleria Estense nelle sue vicende che saranno narrate co’ particolari più nuovi e interessanti, tratti in gran parte da documenti inediti. E intanto l’autore colle vicende della galleria, narrerà quelle dell’arte che visse sotto le ali dell’aquila Estense e che lascia ancora luminosi ricordi nella galleria modenese. L’autore prende per punto di partenza al suo lavoro il 1508, anno in cui Cesare d’Este trasportò a Modena i resti delle collezioni raccolte dai suoi maggiori nel Castello, nel Palazzo dei Diamanti e negli altri edilizi appartenenti alla splendida corte di Ferrara e giù giù narrando le aggiunte fatte da altri Duchi, le dispersioni operate dipoi, giunge fino all’epoca in cui la preziosa pinacoteca divenne patrimonio della nazione. [...] L’Egregio prof. Muzzioli ed altri valenti artisti modenesi, arricchiranno coi loro disegni quest’opera che avrà certo una grande importanza artistica”.
Di Manicardi parla esplicitamente lo stesso periodico nell’articolo pubblicato il 9 luglio 1882. La rubrica “La cronaca dell’arte” dedica spazio a Giuliano Trentanove: “uno dei più giovani tra i nostri scultori, un giovane di buona volontà” - scrive il direttore del periodico – “fedele ed intelligente studioso del vero, che ha già raccolto premi ed elogi con diversi lavori [...] Nello studio del Trentanove abbiamo potuto vedere anche un bel bozzetto, un bel saggio di raro talento e di facilità infinita di riprodurre il vero, di un giovane pittore modenese, il Manicardi. Egli ha ritratto parte del bel gruppo di Tito Vezio e Licena e dinanzi a quel gruppo ha dipinto la figurina di un ragazzo di studio che porta la creta, un vero gioiellino come genere di pittura, un portento come verità nella forma e negli effetti, un vero quadretto che ci fa desiderare di vedere altre opere più importanti del giovane artista.”.[16]
Ma proprio ora che sta per diventare famoso, Manicardi decide di congedarsi da Firenze e di proseguire il suo percorso artistico nella città natale. Nel suo studio presso l’abitazione dei genitori a Villa Massenzatico può così dedicarsi ai disegni che gli ha chiesto l’amico coetaneo Adolfo Venturi.
Dal 1876 Gaetano Chierici, giunto al culmine del suo successo, è tornato a vivere a Reggio e nel 1882 sta per essere nominato insegnante di figura nonché direttore della “Scuola di Disegno per gli operai”. Perciò avviene che, così come il successo di Chierici a Firenze aveva incoraggiato
Manicardi, Ferrari, Fornaciari, Pasini e altri a frequentare l’Accademia fiorentina (piuttosto che quella di Bologna o di Milano), allo stesso modo Manicardi si sente ora attratto dalla presenza di Chierici a Reggio Emilia. Appresa questa decisione, Muzzioli se ne duole in una lettera inviata a Manicardi il 30 ottobre 1882: “Mi dispiace, parlandole francamente, ch’Ella si sia deciso a questo passo abbandonando l’idea e i vantaggi di stare in un grande centro artistico. [...] Augurandole ch’Ella arrivi ottenere il suo intento, la saluto tanto e mi dico suo / Amico / Giovanni Muzzioli”.[17] La notizia della nomina di Chierici viene data non solo ai reggiani ma anche ai lettori fiorentini. Infatti è lo stesso settimanale “Arte e storia” a pubblicarla nel numero del 3 dicembre 1882: “L’egregio Cav. Prof. Gaetano Chierici valentissimo artista, noto specialmente pei suoi quadri pieni di verità, di affetto, di sentimento, è stato scelto fra i molti concorrenti a coprire il posto di maestro di disegno e a dirigere la scuola operaia, industriale-artistica di Reggio d’Emilia. Questa scelta sarà indubbiamente la fortuna di quella scuola.”
Chierici (che diventerà il primo sindaco socialista di Reggio) rimarrà alla guida della Scuola fino al 1910. Manicardi (anche lui seguace del socialismo di Camillo Prampolini), vi entrerà come insegnante di ornato nel 1892 e successivamente di figura, quando Chierici dovrà rinunciare per motivi di salute.
Nel 1897 il direttore Chierici ebbe cura di stilare un elenco degli ex-studenti della Scuola che a suo avviso “maggiormente si distinsero e si distinguono nell’arte loro dal 1859 al 1896”. Proprio in cima all’elenco, in ordine di merito, troviamo citati i nostri studenti reggiani frequentanti l’Istituto di Belle Arti di Firenze[18]:
Nome e cognome
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“Arte”
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Osservazioni
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Lazzaro Pasini
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Pittore figurista
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Membro onorario della R. Accademia di Brera in Milano
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Cirillo Manicardi
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Pittore fig. ornato
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Membro onorario della R. Accademia e Prof. D’Ornato in questa R. Scuola
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Guglielmo Fornaciari
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Scultore
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Membro onorario della R. Accademia di Modena, e autore del monumento a Lazzaro Spallanzani in Scandiano
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Giulio Ferrari
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Pittore dec. re e figurista
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Membro onorario della R. Accademia di Modena, ora incaricato dell’insegnamento della Storia dell’Arte nella R. Scuola di Disegno in Reggio
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Ferrari, Fornaciari e Pasini seguirono regolarmente gli studi con la seguente progressione [19]:
n.
|
“patria”
|
a. s. 1878-79
|
a. s. 1879-80
|
a. s. 1880-81
|
a. s. 1881-82
| |
Ferrari Giulio
|
228
|
Reggio E.
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Figura comune
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Figura speciale 1
|
Figura speciale 2
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==========
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Fornaciari Guglielmo
|
309
|
Reggio E.
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=========
|
Scultura speciale 1
|
Scultura speciale 2
|
==========
|
Pasini Lazzaro
|
376
|
Reggio E.
|
=========
|
=========
|
Figura speciale 1
|
Figura speciale 2
|
BIBLIOGRAFIA
1882
A. VENTURI, La R Galleria Estense in Modena, Modena.
1927
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1938
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1941
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G. MARTINELLI BRAGLIA, P. NICHOLLS e L. RIVI (a cura di), Giovanni Muzzioli. Il vero, la storia e la finzione, catalogo della mostra (Palazzo Foresti, Carpi), Torino.
2012
AA. VV., Cirillo Manicardi non visto, numero monografico su Cirillo Manicardi, “Strenna del Pio Istituto Artigianelli - Reggio E.”, anno XXI, n. 1.
L’autore ringrazia Maurizio Carnasciali, archivista dell’Accademia di Belle Arti ed Enrico Sartoni, archivista dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, per gli aiuti forniti durante la ricerca.
[1] Cfr. E. FARIOLI, Prospero Minghetti 1786-1853. Nel laboratorio di un artista neoclassico, catalogo della mostra, Reggio Emilia 1993, pp. 7-21.
[2] Cfr. E. FARIOLI, Antonio Fontanesi e l’ambiente della prima formazione a Reggio Emilia, in Antonio Fontanesi 1818-1882, catalogo della mostra a cura di R. Maggio Serra, Torino 1997, pp. 87-91.
[3] E’ documentato un suo incontro nel 1867 con Antonio Fontanesi, già quarantenne, che una tumultuosa esistenza aveva portato in Toscana a contatto coi pittori macchiaioli, prima di indurlo ad accettare un incarico di insegnamento nell’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino nel 1869. Cfr. A. BABONI, Gaetano Chierici e la cultura figurativa in Toscana dopo il 1850, in Gaetano Chierici 1838-1920. Mostra antologica, catalogo a cura di E. Monducci, Reggio Emilia 1986, pp. 23-25.
[4] Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, Atti del R. Istituto di Belle Arti, Registro delle iscrizioni degli alunni 1878-82.
[5] Biblioteca Municipale “Panizzi” Reggio E., Mss. Regg., Carteggio Manicardi, C478/15.
[6] Ibidem, lettera del 7 gennaio 1879.
[7] E’ nominato “professore onorario esercente di pittura” nel febbraio 1880 (Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, Atti del R. Istituto di Belle Arti, Filza 1880, n. 67).
[8] E’ richiesto il pagamento della tassa annuale di trenta lire. Vedi lo Statuto approvato con R. D. 3 dicembre 1876 n. 3561, in G. U. n. 299/1876.
[9] Per conoscere l’ubicazione degli studi dei pittori, è utile consultare l’annuale “Indicatore generale delle arti di Firenze: amministrativo, commerciale, artistico, industriale e stradale”, Firenze 1876-1899. Ringrazio per questa segnalazione Isabella Raffaelli presso l’Archivio di Stato di Firenze.
[10] L. RIVI, Tra Otto e Novecento: percorsi nella vicenda critica di Giovanni Muzzioli,in: Giovanni Muzzioli (1854-1894). Il vero, la storia e la funzione, catalogo della mostra (Carpi 2009) a cura di G. Martinelli Braglia, P. Nicholls, L. Rivi, Torino 2009, p. 35.
[11] cfr. L. RIVI, La pittura storica di genere e La pittura di genere d’ambientazione storica, in: op. cit., pp. 58-59, 74-75.
[12] Nemmeno gli studi più recenti hanno fatto chiarezza su questo punto. Si veda la monografia, peraltro documentatissima, di M. MUSSINI, Cirillo Manicardi un artista fin de siècle.
[13] “L’Imparziale, periodico amministrativo-letterario”, Reggio-Emilia, 19 giu. 27 nov. 25 dic. 1881, 8 gen. 1882.
[14] Giulio Ferrari, frequentante il corso “speciale” di figura negli aa. ss. 1879-80 e 80-81.
[15] A. VENTURI, Prefazione, in A. DAVOLI, Cirillo Manicardi pittore reggiano dell’ultimo ‘800, Reggio Emilia 1938.
[16] Si tratta di un olio su tela che, col titolo di “Il futuro artista”, resterà nella collezione privata di Manicardi a Reggio.
[17] Sulla busta della lettera: “Egregio pittore Cirillo Manicardi / Fermo in Posta / Reggio d’Emilia” (Biblioteca Municipale “Panizzi” Reggio E., Mss. Regg., Carteggio Manicardi, C478/13).
[18] Archivio del Liceo Artistico Statale “Gaetano Chierici” di Reggio Emilia, Atti della R. Scuola di disegno per gli Operai, a. s. 1896-97.
[19] Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, Atti del R. Istituto di Belle Arti, Registro delle iscrizioni degli alunni, 1878-82.
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